L’insulino-resistenza è una condizione fisica nella quale l’insulina, ormone prodotto dal pancreas, non riesce a svolgere il suo ruolo, che è quello di abbassare i livelli di zucchero nel sangue. Perché non ci riesce? Cerchiamo di capire prima come funziona normalmente il meccanismo di equilibrio glicemico. Ogni volta che assumo un carboidrato o zucchero, nell’arco di un determinato periodo di tempo (legato alla tipologia di carboidrato che sto introducendo) andrò incontro ad un aumento della glicemia, il quale verrà percepito dal pancreas, che a sua volta come risposta rilascerà nel sangue questo famoso ormone, l’insulina. L’insulina ha come target alcuni recettori che si trovano sulle cellule principalmente del fegato e dei muscoli, e si lega ad essi per stimolare l’apertura di alcuni canali attraverso i quali lo zucchero può uscire dal sangue ed entrare nella cellula, dove verrà utilizzato come energia o accumulato sotto forma di glicogeno, per un futuro bisogno. Quindi in questo modo, la glicemia che in una prima fase è salita, comincia a riscendere fino a trovare il normale equilibrio, che in genere è tra 70-106 mg/dl di sangue, nell’arco di 2 ore.
Come viene l’insulino resistenza? Le cause possono essere principalmente due. La prima è legata ad un discorso ereditario, nel caso in cui ci fossero genitori o parenti stretti con problemi di glicemia, sicuramente potrei essere un buon candidato a ricevere una predisposizione verso la problematica. La seconda causa potrebbe dipendere invece dall’alimentazione, lo stile di vita, l’accumulo di grasso a livello viscerale. L’ alimentazione, perché ovviamente se mangio troppi zuccheri durante la giornata tendo sempre a mantenere livelli molto alti di glicemia che rischiano di non essere compensati dal meccanismo spiegato poco fa. L’attività fisica è importante perché mantiene sensibile e funzionale l’attività di quei recettori per l’insulina, quindi in caso di estrema sedentarietà il meccanismo potrebbe arrugginirsi e perdere di efficienza. L’accumulo di grasso viscerale, agisce rilasciando nel circolo sanguigno delle molecole chiamate citochine infiammatorie, le quali hanno un effetto diretto sulla sensibilità del recettore e di conseguenza non permettono all’insulina di svolgere il proprio compito. Questo in genere provoca una mancata riduzione della glicemia nei tempi normali, e quindi il pancreas percependo ancora livelli di zucchero elevati agisce rilasciando altra insulina in circolo, provocando cosi il fenomeno di iperinsulinemia.
A cosa porta? La condizione di insulino-resistenza porta a non riuscire più a mantenere livelli di glicemia nei giusti valori. O meglio, finchè il pancreas compenserà, rilasciando ulteriori dosi di insulina, si otterrà il calo della glicemia, con conseguenze però, perché la dose massiccia ormai in circolo farà abbassare nel periodo successivo il glucosio oltre i livelli minimi provocando una ipoglicemia di rimbalzo, quindi il problema opposto. Quando nel trascorrere degli anni anche il pancreas comincerà a perdere qualche colpo riducendo la produzione di insulina, e quindi non ci sarà più quella compensazione, purtroppo i valori della glicemia tenderanno a salire portando come conseguenza ad una condizione di diabete.
Quale è l’alimentazione più adatta? Considerando che il problema è legato al rilascio di insulina, stimolata dall’introduzione di zuccheri, sicuramente l’alimentazione più idonea è quella che mantiene sotto controllo i picchi glicemici e i carichi glicemici. Una dieta low carb, dove introduco una quota controllata e soprattutto con basso indice glicemico di carboidrati è la scelta più giusta che andrà a tamponare la problematica, prevenendo ovviamente anche le eventuali ipoglicemie. Per indice glicemico si intende la velocità con la quale un alimento aumenta la glicemia, mentre per carico glicemico si intende in modo sommario quanto ne sto mangiando e con quale concentrazione di zuccheri. La scelta dei prodotti ricade quindi su farine, pane, pasta o prodotti integrali, no zuccheri semplici come dolciumi e merendine o farine bianche raffinate, no bevande zuccherate. Scendendo nel particolare comincia a diventare molto importante anche il modo di associare gli alimenti, perché dovremmo cercare di far arrivare nell’intestino un bolo con una matrice complessa, dove i microvilli non riuscirebbero velocemente ad assorbire lo zucchero. Nei casi più avanzati può essere consigliabile anche una dieta chetogenica dove si aumentano i grassi nella dieta ma vengono del tutto aboliti gli zuccheri. Ovviamente, quando il paziente si presenta in una condizione di sovrappeso e accumulo di grasso viscerale, la prima cosa da fare è riportarlo ad una condizione di normopeso, cercando di lavorare attraverso l’attività fisica anche sul consumo dei depositi adiposi viscerali, non sempre facili da eliminare, per ridurre le problematiche infiammatorie di cui abbiamo parlato prima.