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Biologo Nutrizionista Grottaferrata

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SINDROME DEL COLON IRRITABILE: quale è la dieta migliore per ridurre la sintomatologia?

 

La sindrome del colon irritabile (IBS, Irritable Bowel Syndrome) è un disturbo gastrointestinale in assenza di un danno strutturale vero e proprio, colpisce principalmente la popolazione femminile e la diagnosi viene effettuata sulla base della sintomatologia del paziente, proprio perchè gli esami diagnostici non riescono ad individuare una causa organica (cosa che invece avviene per altre patologie come la celiachia o le malattie infiammatorie croniche intestinali).

E’ un disturbo le cui cause sono multifattoriali ma i principali fattori scatenanti ipotizzati sono:

  • Aumentata permeabilità intestinale
  • Alterazione del microbiota intestinale (disbiosi)
  • Ipersensibilità viscerale
  • Infiammazione cronica di basso grado a livello intestinale
  • Attivazione del sistema immunitario
  • Ipersensibilità viscerale

Questi possono a loro volta essere causati da altri fattori tra i quali il più presente in chi soffre di IBS è lo “stress” psico-fisico.

La sintomatologia è molto comune tra i pazienti e in genere si manifesta con:

  • Dolore addominale inferiore
  • Alternanza di stipsi e diarrea
  • Gonfiore addominale e meteorismo
  • Distensione addominale con aumento visibile della circonferenza addominale
  • Stanchezza, mal di testa e sensazioni di malessere generale.

 

Anche se la sintomatologia è simile tra i pazienti, la severità e i dolori possono essere diversi tra loro, ad ogni modo impattano fortemente sulla qualità della vita dei pazienti, che spesso non riescono a condurre una vita normale e si sentono costretti a ricorrere all’utilizzo di anti-depressivi. Pensate a situazioni in cui siete pronti per uscire di casa e andare ad una cena fuori e improvvisamente avvertite forti dolori addominali con bisogno di correre in bagno. Chiaramente essendo legato spesso ad un fattore emotivo, la problematica potrebbe riscontrarsi ogni qual volta ci sia un evento che generi emozioni nel soggetto.

Non esistono esami strumentali per diagnosticare la sindrome dell’intestino irritabile, ma questa viene fatta dal medico curante o gastroenterologo sulla base della sintomatologia del paziente ed utilizzando alcuni criteri, come ad esempio la presenza del dolore addominale per almeno 1 giorno a settimana da almeno 3 mesi e deve essere associato a due o più sintomi come alterazione della frequenza dell’alvo, alterazione nella consistenza delle feci o inizio della sintomatologia da più di 6 mesi. Ad ogni modo è sempre indicato procedere con esami ed analisi volti ad escludere la presenza di altre patologie che possono avere sintomatologia simile, come la celiachia, le malattie infiammatorie croniche intestinali, cancro, ecc.

Sulla base dei sintomi predominanti, la IBS può essere classificata in una forma con costipazione prevalente, quella con diarrea prevalente, quella mista dove si alternano le due fasi, quella non classificabile nelle categorie precedenti.

Come posso intervenire dal punto di vista alimentare?

Ad oggi, non essendo nota la causa, non esiste una cura per la sindrome del colon irritabile: i trattamenti si basano sulla riduzione della sintomatologia mediante interventi dietetici mirati, utilizzo di medicinali, probiotici e supporto psicologico dove lo stress è la causa scatenante.

In merito al trattamento dietetico, l’approccio più utilizzato è sicuramente la dieta FODMAP, che rappresenta una strategia dietetica utilizzata per ridurre la sintomatologia nei pazienti, una dieta ad esclusione che risulta essere efficace nel 75% dei pazienti con IBS.

I FODMAP (Fermentable, Oligo- ,Di-, Mono-saccharides And Polyols) sono zuccheri che, a causa della loro struttura chimica, non vengono completamente digeriti o assorbiti a livello intestinale, e arrivano a livello del colon inalterati; qui richiamano acqua e vengono fermentati dai batteri presenti (il microbiota intestinale). Questo processo determina una eccessiva produzione di gas che, insieme all’acqua, porta ad una elevata distensione della parete intestinale. Nei soggetti con IBS questa distensione viene percepita in modo amplificato.

I FODMAP vengono classificati in 5 categorie: Lattosio, Polioli (dolcificanti), Galatto-oligosaccaridi (GOS), Fruttosio, Fruttani.

Ad eccezione del lattosio, tutti gli altri FODMAP sono contenuti in alimenti di origine vegetale (frutta, verdura, cereali, legumi). Il contenuto di questi zuccheri varia però da alimento ad alimento, sia in termini di quantità che di tipologia: in alcuni a prevalere saranno i fruttani, in altri i polioli e così via. Sulla base della quantità (e della tipologia), gli alimenti vengono classificati in “alimenti ad ALTO contenuto” ed “alimenti a BASSO contenuto” di FODMAP.

Come si struttura la dieta?

L’approccio a questa dieta prevede diverse fasi con la durata di diverse settimane ognuna.

1) Eliminazione: consiste nell’eliminazione/riduzione di alimenti ad alto contenuto di FODMAP per un periodo variabile di 3/4 settimane, fino a quando non si ha una riduzione sensibile dei sintomi. Questa fase prevede anche una riduzione dell’infiammazione intestinale e una netta sensazione di miglioramento.

2) Reintroduzione: gli alimenti sono gradualmente reintrodotti per valutare la tolleranza dell’individuo a ciascuna tipologia di FODMAP. È possibile infatti che un soggetto sia sensibile ad un tipo di FODMAP e non ad un altro. Questa fase è estremamente importante perché permette di andare ad individuare la “causa” dei sintomi. E’ fondamentale la strategia di reintroduzione, che deve vedere l’utilizzo di un solo alimento fodmap per volta, in modo tale da capire veramente quale sia quello incriminato. Mettiamo caso invece, che vado a reintrodurre due alimenti fodmap insieme, e mi sento nuovamente male, come faccio a capire di quale è stata la colpa? In questa fare risulta spesso utile cominciare una terapia probiotica mirata, che nella fase precedente avrebbe potuto non essere efficacie a causa della condizione intestinale.

3) Personalizzazione: la dieta viene poi normalizzata e personalizzata sulla base delle risposte ottenute nella fase di reintroduzione. Avrò al termine del lavoro, un libro nero dove saranno annotati tutti gli alimenti potenzialmente scatenanti, dei quali dovrei cercare di fare a meno, o almeno essere consapevole del motivo per cui potrei stare male una volta utilizzati.

A differenza di quando si pensi, la dieta FODMAP non è una dieta di eliminazione totale; è vero, nella prima fase si ha una eliminazione di alcuni alimenti, ma il fine ultimo della dieta è reintrodurre più alimenti possibili senza avere conseguenze. Per questo motivo è importante essere seguiti da uno specialista al fine di evitare carenze dietetiche o di eliminare inutilmente intere categorie alimenti a cui non si è in realtà sensibili, riducendo di conseguenza la varietà della dieta.

Ricordiamoci che la IBS è una condizione “mutevole” nel tempo: la tolleranza agli alimenti può infatti variare, quindi potrebbe capitare che anche alimenti che sono andati a finire nel mio libro nero, e quindi vietati, un domani con il cambiamento delle condizioni intestinali, possa essere utilizzato nuovamente, soprattutto se risolvo la sintomatologia che prima mi affliggeva costantemente. L’ideale sarebbe ri-testare ogni tanto alimenti che sono stati esclusi e valutare se possono essere reintrodotti.

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